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IO SONO MARIONE |
15,00 € |
IO SONO MARIONE
fino al 20 dicembre 2016 , spese di spedizione con corriere nazionale a carico dell'editore
A BREVE LA DATA DELLA PRIMA PRESENTAZIONE CON TUTTI I DETTAGLI!
È un grande libro di vignette che trasmette tutta la potenza della satira.
Prefazione di
PREFAZIONE
l Potere dell’informazione
Con “quarto potere” si indica la capacità della stampa di orientare l’opinione pubblica (anche a fini manipolativi e di propaganda), in aggiunta ai tre poteri: legislativo, (il Parlamento che promulga le leggi); esecutivo, (il Governo che applica le leggi); giudiziario (la magistratura che amministra la giustizia). Il quarto potere, la stampa, dovrebbe avere la funzione di controllo sull’operato di politici, magistrati e sulle istituzioni democratiche. “L’espressione è nata in Inghilterra - si legge su wikipedia. Nel 1787, durante una seduta della Camera dei Comuni del Parlamento inglese, il deputato Edmund Burke esclamò rivolgendosi ai cronisti parlamentari seduti nella tribuna riservata alla stampa: “Voi siete il quarto potere!”. Burke si ispirava alla teoria della separazione dei poteri statuali di Montesquieu: legislativo; esecutivo, giudiziario.
In una democrazia, i mezzi d’informazione garantiscono la pubblicità della vita politica: «In un paese libero, ogni uomo pensa di avere interesse a tutte le questioni pubbliche, di avere il diritto di formarsi e manifestare un’opinione su di esse». L’Inghilterra del XVIII secolo fu il primo Paese in cui apparve chiaro il ruolo della stampa come strumento essenziale per la formazione dell’opinione pubblica. Secondo l’interpretazione di Burke del suo ruolo, la stampa esercita la sua importante funzione se rimane nettamente separata dagli altri tre poteri costitutivi dello Stato. I rischi principali per la democrazia in seguito ad un uso improprio di questo potere, sono costituiti dal controllo politico dei mezzi di informazione e dall’accentramento di essi nelle mani di un ristretto gruppo di persone (grandi aziende). In questi due casi infatti, considerando che coloro che controllano i media tendono in genere a filtrare le informazioni che sono in contrasto con i propri interessi, si determina una mancanza di pluralismo, e si ostacola la possibilità dei cittadini-elettori di formarsi con le opinioni informate, una coscienza.
Nel suo classico libro, Public Opinion (1922), Walter Lippmann, il giornalista americano tra i più influenti del novecento, indagò sulle modalità con le quali «l’opinione pubblica» costruisce i propri miti, i propri eroi, i propri nemici, strappandoli alla storia e catapultandoli in una leggenda paradossalmente effimera, osservando che, anche il più informato dei cittadini, non può essere onnicompetente. E poiché nessuno ha le capacità, il tempo e l’interesse di seguire le questioni pubbliche, per formarci delle opinioni, ci affidiamo alle élite della conoscenza, esperti e professionisti della comunicazione, (giornali, associazioni, fondazioni, partiti) quali interpreti che ci orientano in un universo di informazioni infinito, caotico e pieno di suggestioni. Prima di incontrare i fatti, ne incontriamo gli interpreti. Dobbiamo decidere di chi fidarci.
L’Italia ed i ventriloqui del Potere
In un paese divorato dalla illegalità, ai primi posti nelle classifiche internazionali per corruzione, agli ultimi per libertà di informazione, le due facce della stessa medaglia, il sonno della ragione (e la viltà della finta opposizione interna al partito di maggioranza), ha generato piccoli mostriciattoli, burattini, saltimbanchi, buffoni di corte, voltagabbana, manovrati dalle grandi banche di affari, per smantellare la costituzione nata dalle lotte partigiane, con abbondanti dosi di saliva di un esercito crescente di cortigiani.
I mezzi di informazione, hanno avuto una grande responsabilità nel degrado dell’Italia, nonostante il dovere più pregnante del giornalista, caposaldo del diritto di cronaca è il dovere di verità, considerato sia dalla legge istitutiva dell’Ordine (n. 69 del 1963) che dalla stessa Carta dei doveri quale “obbligo inderogabile”. Gli organi di informazione, che dovevano essere l’anello di congiunzione tra i fatti e la collettività con la formazione di una “coscienza critica del pensiero”, per consentire l’esercizio della sovranità che appartiene al popolo secondo l’art. 1 della Costituzione, hanno assunto il ruolo di megafono del potere politico, economico, bancario, finanziario, occultando o distorcendo la verità dei fatti, in una grande manipolazione di massa. La crescente diffusione della stampa – scrive Mauro Forno nel suo saggio: “Informazione e potere. Storia del giornalismo italiano” (Ed. Laterza-2012), già nell’800 pose per la prima volta i regnanti di fronte al problema di doversi autorappresentare attraverso i giornali, di dover difendere e alimentare una propria immagine pubblica. “Questo portò all’accentuazione del servilismo di molti maestranti della penna, alcuni dei quali particolarmente zelanti nel conformarsi alle aspettative dei governi e dei sovrani in cambio di favori”. Ancora Lippmann, il giornalista più noto e potente del Novecento: “Quando tutti i fatti sono là dove non li possiamo vedere,” dice Lippmann, “un resoconto veritiero e un errore plausibile suonano eguali e hanno la stessa carica emotiva. Tolte poche materie nelle quali siamo ben preparati, non siamo in grado di scegliere fra racconti veri e racconti falsi. Perciò scegliamo tra i cronisti degni di fiducia e cronisti non degni di fiducia. In teoria possiamo scegliere il più esperto in ogni materia. Ma la scelta dell’esperto, quantunque sia assai più facile della scelta della verità, è pur sempre difficile e spesso impossibile. Gli esperti stessi non sono minimamente certi su chi, tra loro, sia il più esperto”.
I doveri del giornalista
Mauro Forno nel suo saggio: ”Informazione e potere. Storia del giornalismo italiano” (Ed. Laterza-2012), segnala che nei rapporti tra potere politico, economico e finanziario e mondo giornalistico italiano, esiste una prassi di lungo periodo, declinata dal fascismo in forme mai viste prima, ma non pienamente rimossa neanche dalla transizione alla democrazia repubblicana. Nell’Italia post fascista, una ristretta oligarchia ha guidato tutti i passaggi decisivi della vita economica e politica, con un modello gerarchico nella distribuzione del potere e della ricchezza specie a livello di influenza sui canali di informazione, con la malcelata aspirazione di celebrati rappresentanti del giornalismo italiano, la cui unica aspirazione è stata quella di entrare a far parte di quella stessa ristretta oligarchia, in una logica di non alterazione - e anzi spesso di salvaguardia - dei rapporti di potere.
La Carta dei doveri del giornalista, che per salvaguardare la deontologia professionale, metteva al centro l’autonomia ed il dovere di verità, come valori etici assolutamente inderogabili, per la credibilità del giornalista garante di una informazione veritiera e garantire l’obiettività dell’informazione al servizio della collettività e dell’interesse generale ed impedire che la funzione giornalistica fosse subordinata ad interessi particolari, è stata calpestata soprattutto da un giornalismo economico-finanziario spesso contiguo del potere, ventriloquo di autorità vigilanti e di banchieri, complice di crac, dissesti e scandali bancari ed industriali, che hanno bruciato risparmi ed intere vite di lavoro a milioni di famiglie. La battuta di Beppe Scienza, professore di matematica all’Università di Torino autore del “Risparmio Tradito”, secondo il quale “i giornalisti sono economici perché costano poco”, fotografa un vero e proprio degrado della professione.
La funzione della satira nelle democrazie
La funzione della stampa, il ‘Quarto Potere’ nell’Italia del dopoguerra, invece di svolgere il ruolo di cane da guardia del potere, ha assunto la funzione di cane da riporto di un sistema partitocratico marcio, specie di una Banca d’Italia ed altre autorità vigilanti asseverate agli interessi dei vigilati, che ha generato un intollerabile sistema di corruzione in tutti i settori della vita pubblica e privata, dagli appalti, alla sanità, intenta a tessere le lodi del moderno principe, sui cinegiornali Rai e Tv private a reti unificate, occultando le notizie sotto la bava di giornalisti striscianti e genuflessi al potere politico ed economico. Oggi più che mai, nel tempo dell’inganno universale globalizzato, nell’Italia del ‘renzismo’ transeunte, che fabbrica falsi miti e feticci artefatti, in particolare con l’istituzione dell’Anac, Autorità Anticorruzione, come foglia di fico delle continue malefatte, la verità disvelata con la satira, che sbeffeggia e mette alla berlina il potere costituito, è sempre più rivoluzionaria. Ancorata ad una tradizione millenaria, la satira infatti costituisce la più graffiante delle manifestazioni artistiche. Basata su sarcasmo, ironia, trasgressione, dissacrazione e paradosso, sceglie i temi di attualità, bersagliando privilegiati e potenti di turno, spesso della classe politica divenuta la tipologia di satira che raccoglie maggiore consenso ed interesse pubblico. Ed essendo una forma d’arte, il diritto di satira trova riconoscimento nell’art. 33 Costituzione, che sancisce la libertà dell’arte. Ma poiché è una forma d’arte particolare, il contenuto tipico del messaggio satirico è lo sbeffeggiamento del suo destinatario, che viene collocato in una dimensione spesso grottesca. La satira mette alla berlina il personaggio al di sopra di tutti, l’intoccabile per definizione. Esalta i difetti dell’uomo pubblico, mettendolo sullo stesso piano dell’uomo medio. Da questo punto di vista, la satira è un formidabile veicolo di democrazia, perché diventa applicazione del principio di uguaglianza. Non a caso è tollerata persino in taluni sistemi autoritari, tutti intenti a mostrare il volto “umano” dei regimi dittatoriali. L’arte, per definizione, non essendo mai contraria al buon costume, è perciò sempre lecita.
Mario Improta, in arte “Marione”
Mario Improta, in arte “Marione”, in questo libro, che raccoglie in 190 pagine, le vignette satiriche scelte tra quelle pubblicate, riassunte in capitoli da: “Perché no” a“Matteo ed i suoi fardelli”, da “Alieni, invadeteci”, a “Media, medium, medi” fino al capitolo quinto, “Noi siamo in Movimento”, nelle vignette belle, luminose ed eleganti, rappresenta i protagonisti della politica e dell’Economia, come Salini di Impregilo.
In ordine cronologico di elaborazione, perché una vignetta disegnata in un determinato momento dell’anno potrebbe essere tornata attuale anche nei mesi successivi, al verificarsi del medesimo evento o al reiterarsi di una discussione, nell’intento di agevolare il lettore nel ricordare il fatto accaduto o l’episodio che l’ha scaturita; ne segnaliamo alcune, lasciando ai lettori l’attribuzione delle più piacevoli e significative. Spiccano quella di Gianroberto Casaleggio, che ci guarda dal cielo: “è solo l’inizio” (per commentare i successi del M5S), di Beppe Grillo in fasce, a ricordare il 4 ottobre, la nascita del M5S; a quella di Beppe che chiede a Gianroberto se stiamo facendo abbastanza; ad Alessandro Di Battista, in tour con la moto per difendere la Costituzione; alla morte del grandissimo attore Dario Fo: “Franca sto arrivando”, che passa il Nobel a Bob Dylan.
Beppe Grillo, che dice a Renzi, mendico e con la ciotola in mano, mentre si lamenta di aver perso Rolex, scorta, aereo e credibilità: “stai sereno, avrai un reddito di cittadinanza”. Significative le vignette che rappresentano Banca Etruria: “il popolo ha fame, diamogli le brioches”. “No, risponde Maria Elena Boschi, (ministra delle riforme) diamogli azioni di Banca Etruria, che costano meno”; da Davide Serra, il finanziere del Fondo Algebris al “compagno Verdini”, il transumante che ha creato un gruppo di senatori per appoggiare il Governo di Matteo Renzi a Taddei (responsabile economico del PD) fino a Crudelia de Moran: “Portatemi le case dei vecchi, che voglio ipotecarle tutte”- riferita al prestito vitalizio ipotecario, ed una trasmissione Tv, dove Alessia Morani, deputata del PD, ha consigliato agli anziani che non arrivano a fine mese con la pensione, di ipotecare la casa, sottraendo sudore e sacrifici di intere generazioni, agli eredi, (con l’aggravante della menzogna sul M5S, che invece di aver votato la legge truffa, l’aveva contrastata).
Nel capitolo “Media, medium e medi”, significative le vignette della ‘Troika satanica; di Roberto Giachetti, candidato sindaco di Roma (perdente); del Jobs Act; di Giuliano Ferrara e Myrta Merlino con l’Aria che tira; Bruno Vespa, giornalista Rai conduttore di Porta a Porta, sgabello di Renzi; Antonio Gramsci (comunista, fondatore dell’Unità morto in carcere perseguitato dal fascismo), incredulo su Sergio Staino ed Andrea Romano, direttori dell’Unità. Bellissima la vignetta che raffigura la lunga lingua di Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, nell’avviluppare Renzi con una maxi leccata; il ricordo di Marco Pannella, leader radicale scomparso il 19 maggio 2016, che afferma di aver smesso finalmente di fumare; alla cerimonia dell’addio a Carlo Azeglio Ciampi e padre Amorth.
Insomma, un bel libro che fa scorrere nella memoria, gli avvenimenti salienti di un regime marcio, che non potrà reggere di fronte all’ansia di rinnovamento di un popolo onesto vessato, vilipeso e saccheggiato, ed all’incalzare del tempo e della storia, tutta ancora da scrivere in pagine nuove e più limpide.
IO SONO MARIONE
fino al 20 dicembre 2016 , spese di spedizione con corriere nazionale a carico dell'editore
A BREVE LA DATA DELLA PRIMA PRESENTAZIONE CON TUTTI I DETTAGLI!
È un grande libro di vignette che trasmette tutta la potenza della satira.
Prefazione di
PREFAZIONE
l Potere dell’informazione
Con “quarto potere” si indica la capacità della stampa di orientare l’opinione pubblica (anche a fini manipolativi e di propaganda), in aggiunta ai tre poteri: legislativo, (il Parlamento che promulga le leggi); esecutivo, (il Governo che applica le leggi); giudiziario (la magistratura che amministra la giustizia). Il quarto potere, la stampa, dovrebbe avere la funzione di controllo sull’operato di politici, magistrati e sulle istituzioni democratiche. “L’espressione è nata in Inghilterra - si legge su wikipedia. Nel 1787, durante una seduta della Camera dei Comuni del Parlamento inglese, il deputato Edmund Burke esclamò rivolgendosi ai cronisti parlamentari seduti nella tribuna riservata alla stampa: “Voi siete il quarto potere!”. Burke si ispirava alla teoria della separazione dei poteri statuali di Montesquieu: legislativo; esecutivo, giudiziario.
In una democrazia, i mezzi d’informazione garantiscono la pubblicità della vita politica: «In un paese libero, ogni uomo pensa di avere interesse a tutte le questioni pubbliche, di avere il diritto di formarsi e manifestare un’opinione su di esse». L’Inghilterra del XVIII secolo fu il primo Paese in cui apparve chiaro il ruolo della stampa come strumento essenziale per la formazione dell’opinione pubblica. Secondo l’interpretazione di Burke del suo ruolo, la stampa esercita la sua importante funzione se rimane nettamente separata dagli altri tre poteri costitutivi dello Stato. I rischi principali per la democrazia in seguito ad un uso improprio di questo potere, sono costituiti dal controllo politico dei mezzi di informazione e dall’accentramento di essi nelle mani di un ristretto gruppo di persone (grandi aziende). In questi due casi infatti, considerando che coloro che controllano i media tendono in genere a filtrare le informazioni che sono in contrasto con i propri interessi, si determina una mancanza di pluralismo, e si ostacola la possibilità dei cittadini-elettori di formarsi con le opinioni informate, una coscienza.
Nel suo classico libro, Public Opinion (1922), Walter Lippmann, il giornalista americano tra i più influenti del novecento, indagò sulle modalità con le quali «l’opinione pubblica» costruisce i propri miti, i propri eroi, i propri nemici, strappandoli alla storia e catapultandoli in una leggenda paradossalmente effimera, osservando che, anche il più informato dei cittadini, non può essere onnicompetente. E poiché nessuno ha le capacità, il tempo e l’interesse di seguire le questioni pubbliche, per formarci delle opinioni, ci affidiamo alle élite della conoscenza, esperti e professionisti della comunicazione, (giornali, associazioni, fondazioni, partiti) quali interpreti che ci orientano in un universo di informazioni infinito, caotico e pieno di suggestioni. Prima di incontrare i fatti, ne incontriamo gli interpreti. Dobbiamo decidere di chi fidarci.
L’Italia ed i ventriloqui del Potere
In un paese divorato dalla illegalità, ai primi posti nelle classifiche internazionali per corruzione, agli ultimi per libertà di informazione, le due facce della stessa medaglia, il sonno della ragione (e la viltà della finta opposizione interna al partito di maggioranza), ha generato piccoli mostriciattoli, burattini, saltimbanchi, buffoni di corte, voltagabbana, manovrati dalle grandi banche di affari, per smantellare la costituzione nata dalle lotte partigiane, con abbondanti dosi di saliva di un esercito crescente di cortigiani.
I mezzi di informazione, hanno avuto una grande responsabilità nel degrado dell’Italia, nonostante il dovere più pregnante del giornalista, caposaldo del diritto di cronaca è il dovere di verità, considerato sia dalla legge istitutiva dell’Ordine (n. 69 del 1963) che dalla stessa Carta dei doveri quale “obbligo inderogabile”. Gli organi di informazione, che dovevano essere l’anello di congiunzione tra i fatti e la collettività con la formazione di una “coscienza critica del pensiero”, per consentire l’esercizio della sovranità che appartiene al popolo secondo l’art. 1 della Costituzione, hanno assunto il ruolo di megafono del potere politico, economico, bancario, finanziario, occultando o distorcendo la verità dei fatti, in una grande manipolazione di massa. La crescente diffusione della stampa – scrive Mauro Forno nel suo saggio: “Informazione e potere. Storia del giornalismo italiano” (Ed. Laterza-2012), già nell’800 pose per la prima volta i regnanti di fronte al problema di doversi autorappresentare attraverso i giornali, di dover difendere e alimentare una propria immagine pubblica. “Questo portò all’accentuazione del servilismo di molti maestranti della penna, alcuni dei quali particolarmente zelanti nel conformarsi alle aspettative dei governi e dei sovrani in cambio di favori”. Ancora Lippmann, il giornalista più noto e potente del Novecento: “Quando tutti i fatti sono là dove non li possiamo vedere,” dice Lippmann, “un resoconto veritiero e un errore plausibile suonano eguali e hanno la stessa carica emotiva. Tolte poche materie nelle quali siamo ben preparati, non siamo in grado di scegliere fra racconti veri e racconti falsi. Perciò scegliamo tra i cronisti degni di fiducia e cronisti non degni di fiducia. In teoria possiamo scegliere il più esperto in ogni materia. Ma la scelta dell’esperto, quantunque sia assai più facile della scelta della verità, è pur sempre difficile e spesso impossibile. Gli esperti stessi non sono minimamente certi su chi, tra loro, sia il più esperto”.
I doveri del giornalista
Mauro Forno nel suo saggio: ”Informazione e potere. Storia del giornalismo italiano” (Ed. Laterza-2012), segnala che nei rapporti tra potere politico, economico e finanziario e mondo giornalistico italiano, esiste una prassi di lungo periodo, declinata dal fascismo in forme mai viste prima, ma non pienamente rimossa neanche dalla transizione alla democrazia repubblicana. Nell’Italia post fascista, una ristretta oligarchia ha guidato tutti i passaggi decisivi della vita economica e politica, con un modello gerarchico nella distribuzione del potere e della ricchezza specie a livello di influenza sui canali di informazione, con la malcelata aspirazione di celebrati rappresentanti del giornalismo italiano, la cui unica aspirazione è stata quella di entrare a far parte di quella stessa ristretta oligarchia, in una logica di non alterazione - e anzi spesso di salvaguardia - dei rapporti di potere.
La Carta dei doveri del giornalista, che per salvaguardare la deontologia professionale, metteva al centro l’autonomia ed il dovere di verità, come valori etici assolutamente inderogabili, per la credibilità del giornalista garante di una informazione veritiera e garantire l’obiettività dell’informazione al servizio della collettività e dell’interesse generale ed impedire che la funzione giornalistica fosse subordinata ad interessi particolari, è stata calpestata soprattutto da un giornalismo economico-finanziario spesso contiguo del potere, ventriloquo di autorità vigilanti e di banchieri, complice di crac, dissesti e scandali bancari ed industriali, che hanno bruciato risparmi ed intere vite di lavoro a milioni di famiglie. La battuta di Beppe Scienza, professore di matematica all’Università di Torino autore del “Risparmio Tradito”, secondo il quale “i giornalisti sono economici perché costano poco”, fotografa un vero e proprio degrado della professione.
La funzione della satira nelle democrazie
La funzione della stampa, il ‘Quarto Potere’ nell’Italia del dopoguerra, invece di svolgere il ruolo di cane da guardia del potere, ha assunto la funzione di cane da riporto di un sistema partitocratico marcio, specie di una Banca d’Italia ed altre autorità vigilanti asseverate agli interessi dei vigilati, che ha generato un intollerabile sistema di corruzione in tutti i settori della vita pubblica e privata, dagli appalti, alla sanità, intenta a tessere le lodi del moderno principe, sui cinegiornali Rai e Tv private a reti unificate, occultando le notizie sotto la bava di giornalisti striscianti e genuflessi al potere politico ed economico. Oggi più che mai, nel tempo dell’inganno universale globalizzato, nell’Italia del ‘renzismo’ transeunte, che fabbrica falsi miti e feticci artefatti, in particolare con l’istituzione dell’Anac, Autorità Anticorruzione, come foglia di fico delle continue malefatte, la verità disvelata con la satira, che sbeffeggia e mette alla berlina il potere costituito, è sempre più rivoluzionaria. Ancorata ad una tradizione millenaria, la satira infatti costituisce la più graffiante delle manifestazioni artistiche. Basata su sarcasmo, ironia, trasgressione, dissacrazione e paradosso, sceglie i temi di attualità, bersagliando privilegiati e potenti di turno, spesso della classe politica divenuta la tipologia di satira che raccoglie maggiore consenso ed interesse pubblico. Ed essendo una forma d’arte, il diritto di satira trova riconoscimento nell’art. 33 Costituzione, che sancisce la libertà dell’arte. Ma poiché è una forma d’arte particolare, il contenuto tipico del messaggio satirico è lo sbeffeggiamento del suo destinatario, che viene collocato in una dimensione spesso grottesca. La satira mette alla berlina il personaggio al di sopra di tutti, l’intoccabile per definizione. Esalta i difetti dell’uomo pubblico, mettendolo sullo stesso piano dell’uomo medio. Da questo punto di vista, la satira è un formidabile veicolo di democrazia, perché diventa applicazione del principio di uguaglianza. Non a caso è tollerata persino in taluni sistemi autoritari, tutti intenti a mostrare il volto “umano” dei regimi dittatoriali. L’arte, per definizione, non essendo mai contraria al buon costume, è perciò sempre lecita.
Mario Improta, in arte “Marione”
Mario Improta, in arte “Marione”, in questo libro, che raccoglie in 190 pagine, le vignette satiriche scelte tra quelle pubblicate, riassunte in capitoli da: “Perché no” a“Matteo ed i suoi fardelli”, da “Alieni, invadeteci”, a “Media, medium, medi” fino al capitolo quinto, “Noi siamo in Movimento”, nelle vignette belle, luminose ed eleganti, rappresenta i protagonisti della politica e dell’Economia, come Salini di Impregilo.
In ordine cronologico di elaborazione, perché una vignetta disegnata in un determinato momento dell’anno potrebbe essere tornata attuale anche nei mesi successivi, al verificarsi del medesimo evento o al reiterarsi di una discussione, nell’intento di agevolare il lettore nel ricordare il fatto accaduto o l’episodio che l’ha scaturita; ne segnaliamo alcune, lasciando ai lettori l’attribuzione delle più piacevoli e significative. Spiccano quella di Gianroberto Casaleggio, che ci guarda dal cielo: “è solo l’inizio” (per commentare i successi del M5S), di Beppe Grillo in fasce, a ricordare il 4 ottobre, la nascita del M5S; a quella di Beppe che chiede a Gianroberto se stiamo facendo abbastanza; ad Alessandro Di Battista, in tour con la moto per difendere la Costituzione; alla morte del grandissimo attore Dario Fo: “Franca sto arrivando”, che passa il Nobel a Bob Dylan.
Beppe Grillo, che dice a Renzi, mendico e con la ciotola in mano, mentre si lamenta di aver perso Rolex, scorta, aereo e credibilità: “stai sereno, avrai un reddito di cittadinanza”. Significative le vignette che rappresentano Banca Etruria: “il popolo ha fame, diamogli le brioches”. “No, risponde Maria Elena Boschi, (ministra delle riforme) diamogli azioni di Banca Etruria, che costano meno”; da Davide Serra, il finanziere del Fondo Algebris al “compagno Verdini”, il transumante che ha creato un gruppo di senatori per appoggiare il Governo di Matteo Renzi a Taddei (responsabile economico del PD) fino a Crudelia de Moran: “Portatemi le case dei vecchi, che voglio ipotecarle tutte”- riferita al prestito vitalizio ipotecario, ed una trasmissione Tv, dove Alessia Morani, deputata del PD, ha consigliato agli anziani che non arrivano a fine mese con la pensione, di ipotecare la casa, sottraendo sudore e sacrifici di intere generazioni, agli eredi, (con l’aggravante della menzogna sul M5S, che invece di aver votato la legge truffa, l’aveva contrastata).
Nel capitolo “Media, medium e medi”, significative le vignette della ‘Troika satanica; di Roberto Giachetti, candidato sindaco di Roma (perdente); del Jobs Act; di Giuliano Ferrara e Myrta Merlino con l’Aria che tira; Bruno Vespa, giornalista Rai conduttore di Porta a Porta, sgabello di Renzi; Antonio Gramsci (comunista, fondatore dell’Unità morto in carcere perseguitato dal fascismo), incredulo su Sergio Staino ed Andrea Romano, direttori dell’Unità. Bellissima la vignetta che raffigura la lunga lingua di Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, nell’avviluppare Renzi con una maxi leccata; il ricordo di Marco Pannella, leader radicale scomparso il 19 maggio 2016, che afferma di aver smesso finalmente di fumare; alla cerimonia dell’addio a Carlo Azeglio Ciampi e padre Amorth.
Insomma, un bel libro che fa scorrere nella memoria, gli avvenimenti salienti di un regime marcio, che non potrà reggere di fronte all’ansia di rinnovamento di un popolo onesto vessato, vilipeso e saccheggiato, ed all’incalzare del tempo e della storia, tutta ancora da scrivere in pagine nuove e più limpide.